barchetta di carta bambino

Imparare dai bambini

L’altro giorno un amico mi ha detto, commentando il viaggio fatto in primavera, che quello che fa un viaggio non è lo spostarsi, il prendere un mezzo, ma la scoperta di un luogo, senza un’idea prestabilita da andare a verificare o un programma da seguire pedissequamente, è il viaggiare, la scoperta, la curiosità di vedere, che fa un viaggio.

Ed ecco perché oggi racconto di un viaggetto, piccolo, scemo, che faccio spessissimo per tornare nella città dove i miei vivono e dove sono cresciuta, per tornare (o andare) dalla città in cui vivo.

Oggi il racconto è del Dicarlobus che da Pescara questa domenica sera mi ha riportata a Roma.

I compagni di viaggio casuali di oggi si chiamano Lorenzo e Antonio, 11 e 7 anni, due piccoli lord biondissimi con cui mi trovo a condividere le prossime due ore della ma vita.

Sono seduti accanto a me e mangiano Babybel, quei formaggini rinchiusi nella cera rossa, rotondi, e vengo da loro informata prontamente che sono noti non per lo spot pubblicitario con la canzone dei Beach Boys, bensì sono i preferiti di Flint, il protagonista di Piovono Polpette.

Cominciamo male miei giovani nuovi amici, non so di chi stiamo parlando. Uso i 20 anni in più come scudo fingendo con un sorriso di sapere esattamente chi (o forse cosa?) è Flint.

Entriamo in questa fitta conversazione dopo che Lorenzo, il grande, ha prestato curiosità per il mio Apple Watch e per quello del ragazzo seduto accanto a me e ci ha informati che uno youtubber ne ha uno che costa 24 mila euro e che lui non può averne uno perché il suo iPhone non è supportato. E non può cambiare iPhone. Come mai?, chiedo ingenuamente, Perché io non cambierò mai telefono. Ah, e come mai? Perché non posso. Mh, e perché? Beh, perché no.

Ottima risposta Lorenzo, la maggior parte degli uomini adulti non è dotato di tutta questa fermezza.

Nel frattempo Antonio muore dalla voglia di mostrarmi la sua ultima creazione: dei quadrati fatti con la cera rossa del Babybel. Questo è il terzo che crea e va molto fiero del suo lavoro. (e pure io, sono dei gran bei quadrati!).

Gli propongo di unirli tutti insieme e farne uno grande unico, lui ne è entusiasta, quasi mi bacia per la grande idea, si mette subito all’opera.

Nel mentre però, io penso solo a: perché dei quadrati??! E non delle pallette? Li arrotonda tra le mani ed è fatta! No, a lui picciono i quadrati. E’ un bambino speciale.

Viaggiano da soli, la mamma vive a Roma ma tutti i weekend prendono il Dicarlobus per andare a trovare il papà a Pescara.

Ora Lorenzo il Grande ha preso le mie cuffiette per ascoltare musica dal suo Spotify, Antonio contempla felice il suo bicchiere d’acqua.

E mi fermo anche io a fissarlo: è incredibile come un semplice punto di vista su una cosa banale come un bicchiere d’acqua possa aprirti valli e valli di pensieri. Come fa una cosa trasparente a vedersi? Cioè, come facciamo a vedere l’acqua contenuta nel bicchiere trasparente se anche l’acqua stessa è trasparente? E poi, come mai alle volte abbiamo bisogno di un bicchiere d’acqua sebbene abbiamo appena finito di berne una bottiglia, come mai il bicchiere d’acqua è diventato un “momento” nella nostra vita, come il caffè ed altre bibite fast drink, un bicchiere d’acqua per favore. Non ho sete, ma prenderò un bicchiere d’acqua.

Antonio ad un certo punto mi chiede di aiutarlo, gli sta dando noia la macchina. Non ti preoccupare principino, ci sono qua io! Un’adulta che aveva lo stesso problema da bambina: tieni un chewingum e fissa la strada davanti a …..troppo tardi.

Antonio ha appena rimesso sulla moquette blu del Dicarlobus. Quasi addosso alle mie scarpe, per fortuna che c’è quel quasi.

L’aiuto autista impreca pulendo con guanti da minatore il pasticcio combinato da Antonio, mentre Lorenzo serafico non si muove, una statua, non chiama la mamma, non lo insulta, non fa assolutamente nulla. Ariecco la fermezza.

Antonio torna al suo posto, io al mio, ed è già pronto per una caramella e un panino. D’altrone ora ha appena rimosso dal suo corpicino i pasti dell’intera giornata, devo riempirmi di nuovo, mi dice. Sono preoccupata, come ti viene in menteeeee. Gioca a dici dici con la sua vicina di posto.

Lorenzo il Grande mi comunica di avere una playlist. Una bellissima playlist. Ma non c’è più campo, quindi ora non può ascoltarla. Gli passo il mio strapieno, molto originale e variegato, incredibilmente pieno di musica, iPod, magari c’è qualcosa che ti piace. Lorenzo è di un’altra opinione: non credo che io e te ascoltiamo la stessa musica. Ah, a te che musica piace? La musica inglese. Beh bene! Tipo…em…Ed Sheeran? Quasi mi vomita addosso anche lui, Stai scherzando?! Lo sapevo, non ascoltiamo la stessa musica. Torna la connessione, mi porge il cellulare e le cuffiette.

Resto attonita, la playlist è composta da: AC/DC, JET, Beach boys, Rino Gaetano.

Rino Gaetano.

Lorenzo ha 11 anni.

Rino Gaetano.

Non ho parole, sono basita. Gli passo il mio iPod e apro la cartella Beach Boys, fiera, trionfante, orgogliosa. Guarda la lista. Aspetto il mio verdetto. No, quelle che piacciono a me non ci sono, tieni. Sono sconfitta, sedotta e abbandonata dal biondino undicenne.

Nel mentre Antonio: Preferisco più Pescara di Roma. C’è il mare e poi non ti perdi mai. Ah, perchè a Roma ti perdi? Beh ovvio, è gigantesca, ci metti un’ora a ritrovare la tua casa.

La città è grande e quindi ti perdi per trovare la tua casa. Lo trovo un pensiero molto più maturo di un bambino di 7 anni. Eppure ne ha davvero solo 7.

Vuoi fare una barchetta di carta? Ok! Così poi ci scrivo sopra “Voglio un’altra caramella!” e la mando all’autista? Io amo i bambini. Li amo. Davvero. Geni.

Lorenzo torna a calcolarmi, mi rimetto apposto i capelli, quasi una passata di rossetto direi. Ecco, la connessione è tornata tieni, mi metto le cuffiette, Back in black, Come si chiama questa canzone? E’ la mia grande occasione, sto per fare colpo su di lui: Back in black! Brava. E questa? I love rock and roll! Bene! E questa? Cazzo. La so, la so, giuro che la so, ma come si chiama?

Mi sento come l’uomo gatto che vinse tutti i Sarabanda di Enrico Papi, ho l’adrenalina a mille, svio il discorso per prendere tempo (cazzo, non la so, cazzo): Suoni qualcosa? Sì la batteria. Ah che bello! E questa musica la ascoltano i tuoi? Ho un grande maestro, papà. Che bello! Papà fa il musicista? No, l’architetto, ma ospita un sacco di persone a casa.

E’ incredibile, lui, a 11 anni, ha già capito che l’apertura mentale verso gli altri accresce le tue conoscenze, come quelli che papà ospita a casa gli passano bei pezzi e grandi suonate.

Ora ridammi le cuffiette, per favore, papà mi ha appena mandato una nuova canzone: Maryanna di Rino Gaetano.

Pensierino:

Psicologia inversa: non ho chiesto niente a Babbo Natale, sapevo che mi avrebbe portato quello che volevo. Psicologia inversa. Lorenzo, 11 anni.

Tira fuori dalla borsa la sua collezione di oggetti preferiti e un passaporto: è la collezione di Amarelli, la casa di liquirizie più buone del mondo, me l’ha detto papà. Ha: la scatola di liquirizia, la scatola da viaggio di liquirizia, la scatola di liquirizie ricoperte di cioccolato, il DENTIFRICIO alla liquirizia, il DENTIFRICIO ALLA LIQUIRIZIA DA VIAGGIO. Faccio una foto.

amarelli_marvis_liquirizia

Perché le fotografi? Perchè tu Lorenzo finirai nel mio blog. Che bello! Allora devo esserci anche io! Eh…non posso, la tua mamma non lo sa e io non posso metterci la tua faccia. Uffa, vabbè fammela comunque!

Ah questo è il passaporto di Expo: ho i timbri di tutti i padiglioni. UAU! E come hai fatto?! In 5 ore. Cosa? Dai non dire bugie! Sono passato sotto alle gambe di tutte le persone in fila e adesso ho tutti i timbri. Facile no?

passaporto expo

Lo amo follemente, ti prego mangia questo fagiolo e prendi i 20 anni che mancano a coronare il mio sogno d’amore con abito bianco e tu che mi attendi all’altare, Lorenzo.

Non vedo l’ora di arrivare a casa, ho ricevuto un pacco con la mia penna multifunzione, ha: righello, livella e due cacciaviti, uno a stella e uno piatto.

E che ci farai?!

Mi serve per costruire il mio elicottero telecomandato che sto facendo con i circuiti elettrici esauriti di casa.

Ve lo giuro, ha detto così. Non ho aggiunto nemmeno le virgole per attestarne l’autenticità.

barchetta di carta bambino

Stiamo per arrivare a Roma. Antonio ha costruito un aeroplanino di carta e lo ha lanciato all’autista.

Sopra c’è scritto: Grazie autista del Dicarlobus per aver pulito il mio vomito. Antonio.

Troppe cose bisognerebbe imparare dai bambini. Grazie Lorenzo e Antonio, è stato bellissimo, spero di trovarvi di nuovo qui la prossima volta.

Un pensiero su “Imparare dai bambini

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *