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Le ultime 24 ore

Esco di casa allegra, nonostante tutto, perché alla fine se hai la voglia di sorridere appena sveglia credo valga  la pena almeno provarci. Nonostante non ti senti super al top in questo periodo, nonostante non tutto va come vorresti e hai mancanze d’affetto e vuoti da colmare. Perché in passato sono stati molto pieni.

Un bel pezzo di Roma chiuso per lavori mi costringe in macchina più a lungo di quanto dovrei, ma va bene anche così, perché alla fine ho un nuovo abbonamento a Calm da sfruttare, anche mente guido nel pazzo traffico romano che manderebbe in pappa pure Gandhi.

Arrivo in ufficio e passo la giornata tra meeting, Excel e call (aka English conversation, che comunque non ci sta male mai), ringrazio il cielo dopo aver guardato American Factory di non essere ne cinese ne americana e di poter condividere il progetto che seguo come se fosse mio, pur avendo ferie e orari liberali.

Mi rimetto in macchina.

Jusq’ici tout va bien.

Parto alla volta della casa dell’alunna, pronta con una sequenza breve ma intensa che le farà ricordare il motivo per cui vuole bene e probabilmente odia me e lo yoga allo stesso tempo ogni volta che ci vediamo.

Rientro a casa, entusiasta di trovare un petto di pollo e un uovo nel frigo, la migliore delle soluzioni per chi deve mangiare in 15 minuti e non ama in generale fare la spesa (una specie di miracolo).

Solo a questo punto, alle 9 passate, mi rimetto in macchina per guidare verso il cuore del cuore del cuore del centro di Roma, piazza Venezia, a scattare fotografie con la mia Reflex fiammante alle prove dello spettacolo di una nuova conoscenza a cui devo però già molto, in termini umani e in termini creativi.

Ma non può finire così, che gusto ci sarebbe?

Sono le 22:40 e arrivo allo Scholars, che è l’equivalente del Peggiore Bar Di Caracas nella capitale. Uno dei due svaligiati romani a newyork (con cui ho passato il capodanno in parte traducendo tra lui e la sua fidanzata ammericana) mi ha riportato il tappetino del colore meno utile del pianeta acquistato lì per sopperire alla mancanza del mio yoga mat rimasto intrappolato con la valigia.

Beviamo Guinness circondati da un mix tra Erasmus e young wild and free guys from the US, che cantano cose irraccontabili ma per fortuna ancora apprezzano i cari vecchi BSB e mi incitano a cantare dinanzi ad un simpatico coetaneo ingegnere turco unitosi a noi per prossimità e simpatia.

Potrebbe andare avanti ma è quasi scoccata la mezzanotte e la carrozza sta per ri-diventare una zucca. Abbandono il campo e torno a casa. Cantando in macchina e pensando che alla fine, questa giornata, è valsa la pena di viverla.

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