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La confusa di Stoccolma

Sono di nuovo sul Dicarlobus delle 21 da Roma, non siamo ancora usciti dalla stazione Tiburtina e sono già, di nuovo, dentro a un nuovo viaggio.

Secondo me sono i posti, sono seduta esattamente dove stavo l’altra volta con i bambini, solo che stavolta c’è una ragazza bionda, di nazionalità americana, forse, che sta facendo morire dal ridere i tre ragazzi seduti nei posti accanto ai nostri.

Già rido non sapendo cosa stia succedendo: lei sembra evidentemente spaesata, o per lo meno, confusa.

Mi avvertono: “dice di chiamarsi Laura Pausini”.

Cominciamo benissimo.

Stiamo lasciando la banchina dell’autobus in stazione, in partenza, LauraPausini si alza, si avvicina all’autista e con un’estrema naturalezza chiede: Scusate, posso scendere un attimo? Devo fumare una sigaretta, mi aprite?

L’autista, inutilmente, cerca di spiegarle che siamo già in ritardo di 4 minuti e che il bus è pieno: 50 persone non possono attendere lei che fumi.

Non capisce, o almeno sembra non capire, insiste sorridendo dicendo che è molto importante che lei fumi. Rischia un panic attack sennò.

LP: Fatemi scendere, resto in stazione allora.

Autista: Ma cosa dice, la stazione non è un posto dove sostare senza tempo, torni al suo posto, per favore.

Insiste ancora, perdiamo tempo, qualcuno si spazientisce e una bimba seduta dietro di me comincia a piangere disperata.

La convincono, con enorme fatica, a tornare al suo posto, ma lei va in bagno, si chiude.

Nel mentre vengo informata di quanto accaduto nella mezz’ora antecedente al mio arrivo: sono tutti saliti a Fiumicino, un ragazzo che sta tornando dal Brasile, un altro da Torino, l’autista e un ragazzo più giovane.

Pare si sia avvicinata al giovane, chiedendo indicazioni per il Vaticano.

A Fiumicino.

Lui, giustamente, le ha detto che non era proprio dietro l’angolo e le ha quindi indicato la biglietteria più vicina.

Qui, incontra l’autista, il terzo compagno di viaggio di questa avventura.

LP (LauraPausini): La città più vicina?

L’autista, dal canto suo, era in partenza con la linea Fiumicino-Pescara, e quindi, giustamente, le ha semplicemente risposto: Pescara. Lei dove vede andare?

LP: A Stoccolma. Ma salgo comunque, grazie.

? Non facciamoci troppe domande, sennò lei non sarebbe qui adesso e questa storia non esiterebbe.

Prima che l’autobus partisse in effetti già qualche cenno di stranezza c’era stato: mi raccontano che prima stesse cantando. (Giustamente dico io, se si chiama Laura Pausini, cantare mi sembra il minimo).

E qualcosa di strano l’avevo notato anche io: esco per fumare, mi giro verso il bagaglio e vedo l’autista che la tira giù in braccio. Da dentro il bagagliaio.

Una ragazza brasiliana, seduta dietro di noi, dice di avvertire le autorità, magari qualcuno la cerca.

Subito il ragazzo tornato dal Brasile apre dal cellulare la pagina di Chi l’ha visto.

Chiedo all’autista, scusi, che nome le ha dato per fare il biglietto? Magari la cercano, magari è pericolosa, cerchiamola su internet (lei è ancora dentro al bagno).

Autista: Laura Pausini.

Andiamo sempre meglio.

È tornata, si siede, è parecchio stralunata. Apre la borsa, “vorrei cambiarmi le scarpe”. Parla da sola, in un mix di strane lingue, non capisco più niente neanche io.

E tira fuori queste sobrissime, chiaramente da viaggio, scarpette nere:

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Chiede al ragazzo tornato dal Brasile di ricordarle qual era il suo nome, qualcosa con gli arcangeli.

Si chiama Raffaele quindi un po’ ci ha preso alla fine, non è tutto perduto, forse non è così tanto confusa quanto temiamo.

LP: Quanto tempo ci vuole per arrivare a Pescara?

Ragazzo giovane giovane: un’ora e mezza.

Comincia a parlargli in inglese, origlio solo una frase “No one can see the bigger picture”

In questo caso lo ben credo, perché io veramente sta bigger picture qui non la vedo, mi continua a sembrare solo confusa.

L’autista dice che quando arriveremo a Pescara troveremo la polizia, anche solo per accertarsi che stia bene, perché non sembrerebbe: alterna momenti di normalità e sorrisi, a strane facce, espressioni buffe e canzoni -sì, ogni tanto canta, ad alta voce, nel bus.

L’arcangelo, il ragazzo tornato dal Brasile, guida un taxi a Pescara, e teme sempre di più di ritrovarsela domani alla stazione del bus che vaga senza meta. Ha paura che lo riconosca e gli chiedo di scarrozzarlo in macchina.

Non dico niente, ma sono praticamente certa che questo avverrà 😀

E un po’ forse la invidio pure, tutta strana, senza meta, il vaticano, stoccolma, ma no, andiamo a Pescara. Con delle decolltè paillettate nella borsetta, scendendo dal bagaglio del bus nelle braccia dell’autista in divisa. Beata te LauraPausì, neanche io riuscirei ad arrivare a tanto.

Tutti i miei compagni di viaggio, ormai, sanno che sono qui a riportare quello che accade per farne un post all’interno di un blog dove ci sono altre esperienze strampalate come questa, alcune avvenute proprio sullo stesso dicarlobus, quindi ognuno cerca di dare il proprio contributo o suggerimento, sta diventando un post collettivo direi. Non male.

A tal proposito, vorrei dedicare qualche parola al fatto che, come giustamente suggerisce la ragazza brasiliana dietro di me, è vestita normale, ha la tinta fatta, una collanina carina al collo, una bella borsa. Somiglia pure un po’ a Sarah Jessica Parker.

(Ah, aggiornamento: per restare in tema, come avrebbe fatto Carrie Bradshow in persona, le scarpe se le è cambiate).

Parla con tutti loro, non con me, perché? Magari non è così confusa e ha capito che scrivo di lei. Vorrei dirle, cara laura, per me, puoi continuare a salire su tutti i bus a caso d’europa, dando tutti i nomi falsi che vuoi e cantando canzoni brutte fregandotene del dar noia agli altri: basta che viaggi, avrai la mia stima.

Se me lo chiede glielo dico.

Ecco, siamo arrivati al momento in cui chiede al ragazzo che torna da Torino di cantarle di nuovo una canzone, lui intona: Con teeee partiròòòòòò

LP: Hai una bellissima voce, mi ci vorrebbe un cantante italiano.

Laura dichiara di ascoltare principalmente musica hip hop, lui musica classica.

La conversazione musicale, come era prevedibile date le premesse, si interrompe bruscamente così.

Mi giro e la trovo appiccicata mani e faccia al vetro: I don’t see the stars.

Dice che ci sono troppe nuvole, che le mancano le stelle, a Stoccolma c’è buio per 8 mesi all’anno, le mancano le stelle.

[Realizzo solo adesso che tra tante città, parla e dice di voler andare (o tornare?) proprio a Stoccolma. L’alert impostato negli ultimi giorni su Sky Scanner mi ha avvertita poche ora fa che il volo che stavo monitorando è sceso per le date impostate. Per Stoccolma]

Forse Laura ha preso questo bus perché vuole rimorchiare il ragazzo che torna dal Brasile 😀 Sarebbe esilarante, speriamo: lui che scappa col taxi, lei che confusa lo aspetta alla stazione. Bello.

Parla un po’ di italiano, quindi quando gli altri non vogliono farsi capire parlano in questo meraviglioso, iper colorito, dialetto pescarese:

Autista: “C’arrivèm a Pescara massèr? M’sa di no.”

Dice che il suo vero nome è Elisabetta, poi ci ripensa: Maria Cristina. È stanca del suo nome perché Maria “è troppo pesante”. Che vorrà dire? (Maria Cristì, pensa che io mi chiamo Francesca Lavinia)

Continua: “Se ti chiami Maria ti fanno fare tutta la vita tutte le Marie: Maria mariaaaa”, canticchia.

Cioè lei, intende, sul serio, che siccome si chiama Maria, le fanno sempre cantare canzoni che hanno la parola Maria nel testo.

Lo so, non ha senso, ma per lei sì e quindi anche per tutti noi adesso.

La ragazza brasiliana, che nel frattempo capisco essere mamma della bimba urlante che si chiama come me, insiste cercando di capire dove è diretta. Pescara città o vicino?

Ovviamente, la risposta è: “non lo so”.

La ragazza brasiliana ha deciso di fare cupido (mi avrà letto nel pensiero, o forse vuole solo farsi quattro risate alle spalle del malcapitato romeo)

“Laura, anzi no, Maria, tu domani nel primo pomeriggio vai in stazione e cerchi un bel taxi bianco. Raffaele – sì, l’arcangelo che torna dal Brasile – ti porterà in tutti i posti, ti fa vedere tutte le località nei dintorni della città, così alla fine potrai decidere dove andare”.

Lei è molto felice (magari ho ragione io) It’s a gooood idea! Thank you!

Sorride.

Nel mentre però, lui è al telefono e racconta a qualcuno dall’altra parte della cornetta che io sto scrivendo tutta questa storia su un blog, e quindi non sente.

Ok, è passata quasi un’oretta, abbiamo un po’ chiacchierato e questa cosa va assolutamente riportata in conclusione: preoccupata del fatto che non avesse un posto dove dormire, le ho cercato di indicare come raggiungere dalla stazione l’hotel Alba e poi da lì come andare al Mercato42 (un locale di un amico dove fanno anche musica live).

La vedo tornare alla sua faccia confusa, le chiedo se ha capito, mi risponde:

LP: ho dei problemi di orientamento, mi perdo.

FLDB: Forse è così che da Stoccolma sei finita a Pescara? Perché hai sbagliato strada tante volte?

LP: Mi sa di sì.

Mi sa che ti voglio bene Laura, Maria o come cavolo ti chiami, grazie per questa ennesima Avventura a bordo del Dicarlobus.

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