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La ragazza col cuscino (e fotografie)

Sono le 6 del mattino e io sono sul bus, il solito dicarlobus che mi riporta in capitale dopo una toccata e fuga al mare.

Questi giorni sono stati talmente pieni che ho quasi perso completamente il conto dei km percorsi in macchina, dei voli, delle camere d’albergo e della volte che ho fatto e rifatto la valigia nelle ultime 96 ore: sto seguendo il Giro d’Italia per lavoro, un’avventura completamente nuova, in uno sport a me quasi sconosciuto, ma così appassionante da portarmi già in poco tempo a pensare a vacanze in bicicletta lungo la costa d’estate sotto il sole (ok, il giro mi ha permesso di incontrare Patrick Dempsey venerdì, anche questo probabilmente influisce :D), ecco una diapositiva:

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I paesaggi sono una cosa importante: anche solo nominare la costa d’estate sotto il sole mi fa sorridere, immaginandomi la luce alla fine del tunnel nel quale mi sembra che la mia vita rischia di venire gettata di tanto in tanto.

Non è mica facile essere felici eh. Non lo è per niente. Sembra che tu dici oh che bello, uau, dai, sono felice! Stamattina sono proprio felice, quindi lo sarò per sempre iuppi!

E invece.

E invece non è mica così semplice. Anni fa scrivevo di quanto sono importanti i singoli minuti nella vita di una persona, perché ogni minuto, ogni secondo, ogni minuscola frazione di secondo è qualcosa che è finito. Per sempre. Appena ci pensi, puf, addio. Addio proprio, non un simpatico arrivederci che poi ci si rincontra in una hall e magari ci si ferma per una birra insieme, no no, addio vero, per sempre e ciao. Morto, finito, kaput.

Sono passati un paio d’anni ma sono così felice di poter dire che lo penso ancora adesso e molto di più.

Come quella canzone che mi fece disperare in auto verso l’aeroporto a Bali,

“Esci di casa! Sorridi, respira forte! Sei vivo, cretino.”, me la tatuerei su una chiappa.

E allora va bene la stanchezza, va bene lo spaesamento, va bene la destrutturazione e va bene anche il caos, purché ogni singolo momento sia valso la pena di essere vissuto, per riposarci ci sarà tempo poi. 

Come questa mattina sul bus, sono le 6 del mattino, io dormo pochissimo da giorni, sarebbe molto più saggio probabilmente riposare un po’ come fa beatamente la ragazza seduta alla mia destra, con il suo cuscinetto poggiatesta da aereo, o come fa la signora cinquantenne davanti a me, che si è proprio allungata sui sedili beatamente, sopra un materassino gonfiabile e coprendosi con un velo di stoffa piena di colori, o come questa meraviglia di ragazza dall’altro lato del corridoio, che invidio per lo zaino che le giace accanto, chissà dove sta andando o da quale magnifica avventura sta tornando.

Se stessi dormendo mi starei perdendo la possibilità di avere questi pensieri su di loro, mi starei perdendo la possibilità di perdermi nei miei pensieri e sorridere trasognata tra me e me fantasticando sulla provenienza di tutte loro e di tutti i loro oggetti.

Ok forse sembro una stalker. O una guardona. Tutte e due mi sa. Era solo un esempio, ma forse è decisamente meglio che io la pianti di fissarle.

E poi arriva lui con il caffè, carinissimo, meravigliosissimo, fantastico autista. Quando lo vedo arrivare coi caffè io gli voglio bene, sinceramente, sul serio. Glielo direi pure, mi sa che un giorno glielo dico. E mi ha anche fatto prendere più caramelle poi, sorridendomi. Tivogliobenetivogliobenetivogliobenetivogliobene<3.

Oggi poi il bus è pure arancione: stamattina nel piazzale attendevamo con mamma il suo arrivo, era tutto un po’ grigino, e mi si stavano ingrigendo anche i pensieri e furia di guardare sto grigino tristino, e invece arriva lui, tutto lucido, simpatico, arancione. L’arancione è un colore importante: l’arancione non è puro come il giallo ma neanche passionale come il rosso, l’arancione è proprio quella via di mezzo di calore e ordine, di allegria ma non smodatezza, quanto mi piace l’arancione, mi ci faccio casa arancione.

Siamo appena usciti da una lunga galleria e al di la del tunnel c’era effettivamente la luce. Una luce bellissima, altro che quella schifezza di grigino triste. Non mi sono potuta trattenere e sono corsa nell’unico punto del bus senza sedili per attaccare il telefono al vetro e scattare 25 foto.

 

retro senza cartello

ponte

paese

Perché quando una cosa è bella non capisco perché deve essere scontata e banale, quando una cosa è bella è bella punto.

Il mio tanto caro ‘non voglio che sia divertente, voglio che sia vero’. Vero e bello.

E quando è vero e bello io vorrei tanto sentirmi dentro (e vorrei che chiunque si sentisse) accendersi quella voglia irrefrenabile di alzarsi in piedi e correre, e scattare trecentocinquanta fotografie colorate luminose belle, fregandotene del fatto che quei pochi viaggiatori svegli probabilmente penseranno che tanto normale non sei, in fin dei conti è sempre la solita autostrada. E invece non è vero che è sempre la solita autosrìtrada.

L’ho lasciato scritto male apposta autosrìtrada: mi sono dovuta gettare addosso alla ragazza accanto a me per attaccare il telefono al vetro e scattare questa foto:

quadro

Come era prevedibile, la ragazza accanto a me si è svegliata, e come invece non era prevedibile, mentre mi scusavo per averla disturbata, ha parlato: “Non ti preoccupare, ho tutto il giorno per dormire”.

Ma come? Ho appena finito di scrivere che sto cercando un rimedio antisonno per vivere 1440 minuti al giorno interi, e tu vuoi dormire tutto il giorno?

Ma poi, svegliandosi, ha guardato schermo del telefono e ha aggiunto: “sembra un quadro”, prendendo anche il suo telefono per scattare la stessa foto.

Sì, sembra proprio un quadro.

Ecco però invece perché ha un cuscinetto da aereo, perché sta effettivamente andando a prendere un aereo: va a trovare un’amica a Philadelphia per un paio di settimane, e alla domanda se fosse la prima volta negli USA risponde abbassando un po’ gli occhi dicendo che la prima volta c’era stata con il fidanzato, ora sta andando da sola.

Io ti invidio un sacco ragazza, non te lo posso dire, ma questa è la verità: il fatto che tu oggi abbia davanti a te 10 ore di aeroplano io te lo invidio un sacco. E anche che tu le stia per fare da sola. E anche questa mini tristezza velata di disappunto per una qualche cosa successa in coppia.

Perché invidio le persone che stanno vivendo dei cambiamenti? È forse ora di stravolgere tutto (o quasi tutto, stavolta) e ricominciare a peregrinare di nuovo?

Non so un bel niente, ma (c’è un grande ma), tra 28 giorni, 5 ore e una manciata di minuti sarò su un volo diretta a L’Havana. Con lo zaino. E la lonely planet. E la macchina fotografica. E un cappello di paglia in testa. E uno zaino. Ah no, lo zaino l’ho già messo. Ok allora, E un diario nuovo.

La mia vita sarà pure tanto incasinata, io probabilmente sono tanto incasinata, tutto è tanto incasinato e non accenna a semplificarsi, anzi se possibile si incasina sempre di più. Ma questa è, ed è così perché io l’ho scelta e voluta così.

Non è così per un caso strano che chissà come mi ci sono ritrovata dentro dopo anni di confusione e vagare, è così perché ogni minuto e secondo della mia esistenza ho fatto di tutto perché fosse piena, ricca, rocambolesca e senza un piano, libera di cambiare idea anche 5 volte al giorno, di perdere treni e prendere bus, e viceversa, e per fare questo è necessario anche il caos, il casino, la confusione, il vivere sempre col bisogno del tempo, dell’extra tempo, il fare 5 cose nel tempo preposto a farne una.

E anche essere un po’ stalking e un po’ guardona.

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